Daphne is back. La reinterpretazione artistica del mito contro la violenza
Guido Iannuzzi, Daphne is back (dettaglio), Tempietto di Diana di Villa Borghese, Roma
Una rielaborazione in chiave moderna dell’epilogo mitico di Apollo e Dafne nell’installazione dell’artista underground Guido Iannuzzi. In esposizione a Roma, nel tempietto di Diana a Villa Borghese, fino al 27 marzo 2022.
E se anziché rinunciare a sé stessa, costretta a vivere sotto forma di pianta per sottrarsi alle insidie di Apollo, la ninfa Dafne riconquistasse finalmente la libertà che le spetta? Questa l’idea che ha portato alla creazione di Daphne is back, l’originale installazione artistica del romano Guido Iannuzzi, che immortala il momento esatto in cui Dafne torna a essere libera, non più prigioniera del lauro in cui aveva accettato di trasformarsi pur di sfuggire alla violenza divina.
L’opera è visitabile gratuitamente all’interno del Tempietto di Diana a Villa Borghese, fino al 27 marzo 2022. L’inaugurazione è avvenuta il 25 novembre scorso, data in cui si celebra la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.
«Cerco sempre di realizzare opere attraenti – dice Iannuzzi, che vive tra Roma e Londra – ma che siano strumentali a diffondere contenuti». Come il suo Bauhaus Think-Tank, il grande carro armato colorato che, dopo esser stato esposto al MAXXI di Roma e al MART di Rovereto, ha sostato al centro del Laghetto dell’EUR fino allo scorso 31 dicembre «per ricordare come la violenza e le armi in realtà soffochino la libertà, non la conquistino».
«Nel caso di Daphne is back – continua l’artista – a spingermi è stato un tema fondamentale per l’epoca attuale: ognuno, non solo le donne, ma ogni individuo deve essere libero di esprimere la propria natura, la propria volontà, le proprie idee, senza il rischio di subire violenza fisica o psicologica». Se nascondersi o fuggire costituiscono delle soluzioni precarie, emergenziali contro la violenza, ciò che è risolutivo, invece, è liberare Dafne (così come il singolo), permetterle di essere sé stessa, di mostrare il proprio corpo e il proprio pensiero.
L’installazione è volutamente collocata a poche centinaia di metri dalla Galleria Borghese, dove sono custoditi Apollo e Dafne di Gian Lorenzo Bernini. Con questo ineguagliabile capolavoro, eseguito tra il 1622 e il 1625, il maestro del Barocco traspone nel marmo il mito tradizionale, raccontato dal poeta latino Ovidio in un episodio delle Metamorfosi.
A chi servisse un veloce ripasso, ecco la storia: il dio dell’amore, Eros, per vendicarsi di Apollo che si prende gioco di lui, perché lo considera poco abile nell’uso di archi e frecce, colpisce il dio del Sole con una freccia d’oro, facendolo innamorare perdutamente della ninfa Dafne. Poi, colpisce lei con una freccia di piombo, che le fa rifiutare Apollo senza speranza. Lui, pazzo d’amore e di desiderio, la insegue per farla sua, ma Dafne fugge, implorando il padre, il fiume Peneo, di sottrarla al suo abbraccio. Questi soddisfa il suo desiderio trasformandola, mentre sta per essere afferrata, in un albero di alloro. Da quel momento Apollo farà di questo vegetale la sua pianta prediletta, e si cingerà il capo con le sue fronde, che diventeranno attributo di artisti e poeti.
In un’impresa mai tentata prima in scultura, Bernini immortala con sublime virtuosismo e incredibile dinamismo l’acme della metamorfosi di Dafne. Restituire nel marmo l’istante, che è al contempo storia ed emozione, tensione e sentimento, significa dare forma tangibile ai versi di Ovidio riportati in uno dei due cartigli alla base della scultura, e così resi: «le morbide carni vengono avviluppate da una corteccia sottile, i capelli si allungano in foglie, le braccia in rami, il piede, fino a poco prima veloce, si blocca in immobili radici».
L’artista impone al complesso scultoreo una forma elicoidale, donando all’intera scena una visione cinetica, come in una cinematografia ante litteram, dove agiscono simultaneamente spazio e tempo. E dove l’osservatore segue l’evoluzione della metamorfosi e ne coglie appieno il significato, se compie anch’egli un movimento, girando cioè intorno ai due corpi impressi in torsione. Si accorgerà che il marmo è lavorato dal Bernini con un’accuratezza tale da trasmettere un senso di estrema leggerezza, e da rendere persino lo spazio circostante un elemento costitutivo dell’opera.
Con Daphne is back, invece, Iannuzzi presenta un ribaltamento che è anche un’attualizzazione del racconto mitico. «Diana non è solo la Dea della caccia, come tutti la conosciamo, ma anche la protettrice delle donne» – spiega l’artista – «Bernini immortala Dafne nel momento in cui, dopo aver chiesto aiuto alla Madre Terra, si sta trasformando in pianta. Con quest’opera io inverto il mito: Diana interviene a sua volta e rende libera la ninfa».
L’opera, promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, diventa in questo modo una sorta di proseguimento concettuale della storia originale e cristallizza nel tempo il momento esatto in cui le due frecce scagliate da Eros si congiungono, facendo smaterializzare la pianta di alloro che aveva protetto, imprigionandola, l’energia di Dafne. La ninfa quindi scompare, perché tornata alla sua piena libertà. Ciò che resta, per pochi istanti, sono soltanto le foglie di alloro – stabilizzate, verniciate una per una, e legate con filo di rame «così che si muovano» – che aleggiano in espansione nell’aria: unica eco del precedente stato in cui si trovava Dafne.
L’intento dell’installazione è rivolgere un messaggio di speranza a chi si batte per la parità, per la dignità, per il diritto di esistere e, in generale, a chiunque sia costretto a nascondere la propria natura e le proprie idee per sfuggire alla violenza o all’emarginazione.
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TriviHo, l’hotel ideale per rilassarsi dopo una lunga passeggiata a Villa Borghese
Nel giro di qualche mese l’installazione di Guido Iannuzzi è diventata parte integrante della vita quotidiana di Villa Borghese, uno dei parchi più antichi e frequentati della Capitale.
Con l’arrivo imminente della primavera sarà ancora più suggestivo passeggiare tra i suoi lunghi viali alberati, respirando la stessa aria di libertà che l’artista ha regalato a Dafne. L’opera offre anche l’occasione per omaggiare concretamente la giornata dell’8 marzo: fermandosi un attimo davanti a questa allegorica opera d’arte, e riflettendo sul messaggio sociale, universale e attuale, celato dietro un’apparente semplicità.
Se questo articolo ti ha suscitato curiosità e tanta voglia di trascorrere un rilassante week-end nella Capitale non possiamo non suggerirti TriviHo – Luxury Hotel Rome. A soli 800m di distanza dall’ingresso di Villa Borghese in Piazzale S. Paolo del Brasile, hotel TriviHo è la soluzione ideale per chi ricerca una valida sistemazione a Roma, comprensiva di ogni tipologia di comfort.
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Come raggiungere Villa Borghese a Roma da hotel TriviHo
Le informazioni utili su Daphne is back, in esposizione al Tempietto di Diana a Villa Borghese
L’installazione artistica Daphne is back è esposta a Villa Borghese (Rione Campo Marzio – Roma centro) nel Tempietto di Diana, sito in Viale dei Pupazzi. Dista poco più di 1km da hotel TriviHo, ed è raggiungibile a piedi in 17 minuti.
È possibile raggiungere l’ingresso di Villa Borghese in Piazzale S. Paolo del Brasile – il più vicino all’hotel – anche con i seguenti autobus pubblici di linea (in circa 15 minuti):
• Autobus 160 – Direzione Villa Borghese/Washington, da fermata Veneto/Emilia (in Via Vittorio Veneto) a fermata S. Paolo Del Brasile, e a piedi per circa 5 minuti (450 m).
• Autobus 910 – Direzione Mancini, da fermata Piemonte/Carducci (in Via Piemonte) a fermata Puccini (ingresso in Via di Porta Pinciana) e a piedi per circa 7 minuti (550 m).
• Autobus 83 – Direzione L.Go Valsabbia, da fermata Veneto/Emilia (in Via Vittorio Veneto) a fermata Puccini (ingresso in Via di Porta Pinciana) e a piedi per circa 7 minuti (550 m).
L’evento è gratuito. Ulteriori informazioni sono disponibili contattando il numero 06 0608 (tutti i giorni in orario 9.00 – 19.00) oppure collegandosi al sito sovraintendenzaroma.it.